Francesco Favorito

La Tecnologia Alimentare

A tavola siamo quotidianamente portati a scegliere e, ancora prima, quando facciamo la spesa e selezioniamo i prodotti da portare nella nostra dispensa.

Studiare, scoprire, degustare, applicare e natura: sono questi i concetti che riguardano la tecnologia alimentare, ovvero la tecnologia di cui l’uomo si è dotato per conoscere a fondo le proprietà dei cibi, la loro possibile trasformazione, le loro reazioni, la loro salubrità, ecc. La tecnologia alimentare applica la scienza alimentare a selezione, conservazione, lavorazione, confezionamento, distribuzione e utilizzo di alimenti sicuri, nutrienti e salutari. Si tratta di un approccio fondamentale per chiunque voglia manipolare il cibo, in modo professionale o familiare, consapevole di fare le giuste scelte.

Non sempre da consumatori pensiamo all’enorme numero di alimenti che esiste e alla ricerca e allo sviluppo tecnologico che hanno creato gli strumenti per ottenere cibi nutrienti, sicuri e idonei. In certe scuole di ristorazione la tecnologia alimentare fa parte del piano di studi e insegna, a fianco delle tecniche di cucina, la nutrizione e la lavorazione degli alimenti. Purtroppo questa viene poco approfondita e, terminato il percorso di studi, alcuni alunni non ne comprendono la possibile applicazione. Alcuni pensano ancora che con acqua e “farina forte” si produca pane, che con burro uova, zucchero e farina si apra una pasticceria. Ma non basta più, non è più sufficiente perché i cibi sono cambiati e occorre fare la conoscenza di quelli davvero disponibili sul mercato.

I cibi vengono conservati (carne in scatola), liofilizzati (frutta o verdura da reidratare), polverizzati (latte in polvere), vengono anche modificati (caffè decaffeinato con sistema Co2) o estratti (essenze, fibre, colori) tutto sempre a partire dalla natura ma con l’applicazione della tecnologia. Gli scienziati e i tecnologi alimentari studiano la composizione fisica, microbiologica e chimica degli alimenti e possono individuare la modalità preferibile di lavorazione, conservazione, confezionamento e immagazzinamento di prodotti alimentari.

Come spesso accade, purtroppo, la tecnologia, il suo uso puro, funzionale, di carattere anche etico e sociale, viene strumentalizzato a scopi che ledono il suo carattere primario di “strumento che aiuta l’uomo”. Non facciamo adesso far paragoni di portata, ma vogliamo mostrare un certo meccanismo che pare annebbiare ciclicamente il buon senso dell’uomo. L’energia nucleare è nata come energia alternativa ai combustibili fossili, pulita quanto a emissioni di CO2, ma ha saputo essere strumento di morte e di distruzione; da scoperta a disposizione dell’uomo per migliorare la sua salute è divenuta uno strumento d’interesse militare per il raggiungimento di precisi scopi strategici, dimentica del suo valore civile, etico e sociale.

La tecnologia alimentare, unita ad altre discipline, ha portato a numerose scoperte e all’innovazione in campo alimentare; tutti questi strumenti a disposizione dell’uomo, della sua salute e del suo benessere alimentare vengono oggi utilizzati anche oltre il loro giusto equilibrio, per via di un meccanismo a quanto pare irresistibile. Significa che se si è appreso da quali fattori è determinato, per esempio, il tempo di conservazione di un alimento (aspetto che ci consente di assumerlo solo quando è salubre), ci si è spinti a capire come portare avanti questo termine, non solo refrigerando il prodotto, ma anche manipolandolo oltre la propria natura così da renderlo idoneo al consumo molto a lungo. Si è andati oltre alla naturalezza dell’alimento e si tratta di un semplice esempio di come l’industria alimentare possa strumentalizzare la tecnologia alimentare, dimentica del suo valore civile, etico e sociale, per i propri scopi. Per esigenze di conservazione, quindi, per motivi di libero mercato, per questione di spazio a disposizione, per la necessità di rendere i cibi largamente disponibili, per farli durare più a lungo e per la globalizzazione del mercato, il cibo è riuscito a diventare anche “cibo spazzatura”. Si tratta di quel cibo che è in grado di saziarci, placando la nostra fame, ma che non apporta valori nutrizionali essenziali, perché ne è stato privato per ragioni che non mettono la salute del consumatore al primo posto nella scala dei valori aziendali.

In questo modo si è creata anche una certa sfiducia nei confronti di tutto ciò che viene riportato nell’elenco ingredienti e che non è immediatamente riconducibile alla natura del prodotto acquistato. In etichetta sono molte le sostanze a essere indicate con codici di tre o quattro cifre, preceduti dalla lettera “E”, a volte sostituita dal nome per esteso; si può trattare di coloranti, conservanti, antiossidanti, antiagglomeranti e regolatori di acidità, addensanti, stabilizzanti ed emulsionanti, esaltatori di sapidità e altri.

Gli unici alimenti che per legge non possono contenere additivi sono il latte (intero, parzialmente scremato, a lunga conservazione), yogurt (naturale, intero o scremato) e altri prodotti lattiero fermentati con fermenti vivi ma non aromatizzati. Oltre a questi vi sono oli e grassi animali e vegetali non emulsionati, caffè, tè in foglie non aromatizzato, pasta secca, miele e zucchero (grezzo e raffinato). Tutti gli altri possono contenere additivi, di vario genere, ma ciò non significa necessariamente che si tratti di cibo spazzatura. Gli zuccheri (edulcoranti), per esempio, sono un argomento che merita attenzione perché ve ne sono di naturali e artificiali e comunque in entrambi i casi, si ritrovano in etichetta con nomi come E 952 Ciclammato di sodio presente nelle bibite, e E 420 sorbitolo proveniente dalla sorba, che può spaventare  ma ingiustificato. I grassi, non di meno, sono banditi dal comune pensare come elementi inutili, che fanno ingrassare e ingolfano l’organismo; la verità è che alcune tipologie di grasso svolgono una funzione benefica per l’organismo, basta saperle identificare come vedremo tra poco. Insomma, in ogni caso è alla tecnologia alimentare che dobbiamo ricorrere per capire come può un prodotto durare così a lungo, raggiungere quel sapore così spiccato o, ancora, mantenere inalterato il proprio colore dopo la cottura. Ma lo dobbiamo fare per avere un approccio critico all’alimentazione, senza privarci di prodotti dall’ingredientistica salutare per colpa del clima di sfiducia che si respira tra gli scaffali del supermercato. Certamente dobbiamo continuare a chiederci perché mai dovremmo ingerire coloranti, conservanti ed emulsionanti, preferendoli agli alimenti che non li contengono ma magari sono un po’ più opachi all’occhio o che non durano mesi. 

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